Alfio Giuffrida. Carta penna e calamaio
“Si narra che una notte, un grande scrittore, stanco per aver completato il più bel romanzo della sua vita, si fosse addormentato sull’ultimo foglio che aveva appena scritto, dimenticando la candela ancora accesa. In quella atmosfera da favola, con la poca luce che illuminava l’uomo dormiente e tutti i suoi oggetti più cari che gli stavano intorno, la penna, come per incanto, cominciò a muoversi e parlare. Cercò di sfilare il foglio da sotto la testa dello scrittore, con la curiosità di leggere per prima la sua opera. «Fatti forte e cerca di non romperti», disse austera alla carta mentre la tirava da un lembo, «altrimenti l’opera che “io” ho scritto potrebbe lacerarsi ed andare perduta, nonostante tutto l’impegno e la fatica con cui “io”mi sono impegnata a scriverla!». «Ma stai scherzando», rispose indignata la carta, «il romanzo è tutta opera mia ed infatti, come vedi, sono io a custodirlo. Tu ti sei solo consumata strisciando su di me e lasciando una traccia di sporco sul mio corpo, ma sono “io” la vera detentrice dell’opera. Senza di me essa non esisterebbe». A quel punto intervenne il calamaio, che si scorgeva appena dietro i pochi capelli dell’anziano scrittore. «Smettetela di litigare per qualcosa che non appartiene a nessuno di voi due. Un romanzo, come qualsiasi scrittura non è altro che un modo molto intelligente di ondeggiare dell’inchiostro su una superficie liscia, per cui è chiaro che sono solamente “io” l’autore del racconto. La penna e la carta non sono importanti, ciò che conta è l’inchiostro. Ma esso può essere spalmato anche su un muro o su una tavoletta di legno, può essere steso con un pennello o con un penna d’oca, eppure anche in quel modo può essere ugualmente interessante ed affascinante». Il loro battibeccare coinvolse tutti gli oggetti che erano nella stanza, i quali cominciarono ad animarsi anche loro ed a schierasi a favore dell’uno o dell’altro dei contendenti, oppure a reclamare a loro volta la paternità dell’opera. Nel loro contendersi facevano parecchio brusio, che tuttavia non svegliava il vecchio, stanco non nelle mani, ma nella mente, la quale tuttavia era sveglia e sorrideva di quell’agitazione con un’aria di grande superiorità, ben conscia di essere lei e solo lei l’autrice di un’opera così affascinante. Ad un tratto tuttavia si sentì un sorrisetto appena accennato, che non si capiva da dove venisse. Era come se qualcuno vegliasse su tutti loro ed in quel momento si stesse compiacendo non solo del romanzo che Lui e solo Lui aveva ideato, ma anche di quell’uomo, che Lui aveva creato a sua immagine e somiglianza, nonché di quella mente e di tutti gli altri oggetti che si trovavano sulla Terra. Tutti si zittirono e cominciarono a raccogliersi in se stessi, pensando a loro volta chi aveva potuto creare la penna o la carta o l’inchiostro. Anche la mente ebbe i suoi dubbi: «Ma come faccio io ad esistere?», si chiese. «Chi ha inventato l’uomo? È effettivamente il frutto di un padre ed una madre, oppure è stato ideato e realizzato da un Essere superiore, del quale tutti noi non abbiamo neanche idea di come sia fatto o quanto sia grande? Forse i corpi dei due genitori hanno fatto solo da tramite per la realizzazione di qualcosa che nessun uomo, da solo, sarebbe in grado di progettare o costruire? Sicuramente per ottenere un essere animato serve molto di più della semplice carne, qualcosa che nessuno di noi riesce ad immaginare. Noi non sappiamo chi possa avere questa capacità ed intelligenza superiore, sappiamo solo che esiste ed è immensamente più grande di noi. Al suo confronto siamo talmente piccoli, o talmente ignoranti, che non riusciamo a vederlo, ma sappiamo solo che esiste ed oltre l’uomo, nel senso materiale, ha anche ideato una mente, che ha posto dentro di lui. Forse», pensò la mente a voce alta, mentre tutti gli oggetti ascoltavano in silenzio, facendosi piccoli piccoli, impauriti da quella evidente verità «è proprio Lui che ha scritto il romanzo e creato tutte le altre cose che si trovano nell’Universo, mentre noi abbiamo solo fatto da tramite alle sue realizzazioni?». Così l’incantesimo finì, tutti stettero di nuovo zitti e la pace ed il silenzio regnò di nuovo su quella scena.”
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