Si tratta di un impulso emotivo? La voglia di far vivere a tutti le emozioni che si sentono dentro? Oppure è solo voglia di realizzarsi, di vedere il proprio nome pubblicato in libreria? Uno scrittore, quando può dire di essere AFFERMATO? Quanto di se c’è nel romanzo che scrive? Se un editore vi chiedesse di inserire in un vostro romanzo alcune pagine scabrose per facilitare la vendita, voi come reagireste?

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Giancarlo Bufacchi

03/08/2015 06:08

LO farei con grandissimo gusto. Ma non è mio costume sputtanare ( mi si passi il francesismo )le persone. Scriverei in modo da eccitare vivacemente, magari con un certo gusto per scandalizzare certi bacchettoni benpensanti che mai confiderebbero le loro pulsioni erotiche e trasgressive. Modello letterario? Uno notevole: Opus Pistorum di Miller! Magari essere paragonabile!! Giancarlo Bufacchi

Alfio

03/08/2015 06:08

Caro Matteo, purtroppo nella nostra società funziona molto bene l’erotismo, l’Ipocrisia, il pettegolezzo e altre cose negative. La cultura è ritenuta noiosa! Non so se è una caratteristica solo italiana (in Italia se sei riuscito a comprare un appartamento per te e un altro da lasciare ai figli, sei preso per ladro, perchè gli invidiosi dicono che solo rubando puoi comprare due appartamenti. In America una persona che ha comprato due appartamenti è orgoglioso di aver lavorato più degli altri per lasciare un futuro ai suoi figli). Penso tuttavia che in tutto il mondo le idee si vanno globalizzando sempre nel modo più negativo (più facile da realizzare).

Alfio

03/08/2015 06:08

@Enrico, sono d’accordo. Io penso (ma naturalmente è solo un pensiero mio, non conosco i fatti. Però ricordo che l’On. Andreotti diceva che a malignare si fa peccato, però quasi sempre ci si azzecca!), che libri come Gomorra (ce ne sono molti, solo per fare un esempio) possano essere nati da un ragionamento a tavolino. Tizio conosce dei particolari scabrosi su argomenti scottanti come la camorra. Caio è disposto a pubblicarli, sapendo già che Sempronio porterà l’argomento in TV. E il gioco è fatto: milioni di copie vendute.

Matteo

03/08/2015 06:08

A un mio amico per lo stesso motivo, gli hanno fatto cambiare il titolo per renderlo "osé". Inoltre, l'editore ha creato una copertina che potesse fare illudere a un romanzo erotico anche se in realtà, non lo era. L'autore ha accettato, ma era visibilmente a disagio quando si mostrava la copertina durante una presentazione. Dopo quella esperienza, anche se le vendite sono andate bene, ha deciso di autopubblicare i futuri libri.

Enrico

03/08/2015 06:08

Capita molto più spesso di quanto si possa pensare, soprattutto se il tuo nome è già conosciuto, per un qualsiasi motivo. Il meccanismo è questo: quando proponi un libro già scritto che ti viene rifiutato, sono loro stessi che ti propongono una loro idea, una variante in cui c’è sempre qualcosa di scabroso, di piccante. Secondo me agli editor interessa dimostrare che i libri partono da loro, che la loro intuizione è quella vincente. A questo punto il gioco è fatto, inserisci il brano che riguarda quel particolare scabroso di cui tu sei a conoscenza e il libro te lo pubblicano gratis.

Alfio

03/08/2015 06:08

Forse “Se questo è un uomo” di Primo Levi, “Arcipelago Gulag” di Alexander Solzenicyn o il più recente “Gomorra” di Roberto Saviano, sono nati dall’idea (e dalla penna) dei rispettivi Autori. Ma il libro “La Verità” di Annamaria Franzoni (delitto di Cogne) è stato il frutto del dono innato di scrittrice della signora, oppure una trovata economica degli editori?

Germana

03/08/2015 06:08

Uno scrittore affermato è un creatore di letteratura, uno che si esprime in modo diverso da quello utilizzato dal discorso egemonico dei mass media. Ciò che dice può opporsi al diffuso chiacchiericcio dei telegiornali e dei talk show, ma la sua figura si erge alta solo quando egli sa esprimere le sue opinioni senza restare intrappolato dalla diffusa ignoranza della cultura della TV

Alessandra

03/08/2015 05:08

Secondo me sono “Affermati” quegli scrittori che hanno venduto almeno un migliaio di copie, diciamo fra mille e tremila (anche nell'arco di parecchi anni), che non hanno sborsato un quattrino con le Case Editrici a pagamento e che sono 'figli di nessuno', cioè che non sono arrivati all'editore tramite un nome altisonante. Non pensate che sia impossibile, ne esistono molti, qualcuno è stato persino tradotto in un'altra lingua.

Luca

03/08/2015 05:08

Un Autore che entra in una Casa Editrice, viene riconosciuto a vista dagli addetti del mestiere e, appena presenta il suo manoscritto, viene accolto dall’editore con un soddisfatto: lo leggerò! Quello è un autore affermato! Per gli esordienti, mi spiace dirlo, ma devono prima fare una gavetta lunga e faticosa, non ci sono alternative. Non credo che l'auto-produzione possa rappresentare un'alternativa seria alla fatica di convincere un editore della bontà del proprio prodotto.

Diana Sganappa

13/03/2015 06:03

Lo scrivere è il bisogno di esternare qualcosa che verbalmente troverei difficile esprimere. Uno scrittore può sentirsi affermato quando, a parte un editore importante e le copie vendute,ciò che scrive arriva senza forzature al lettore,facendogli vivere le sensazioni e le emozioni da lui stesso provate mentre scriveva. Credo che in uno scritto ci sia in toto lo scrittore. Non è detto che debbano obbligatoriamente essere narrati episodi vissuti in prima persona, in genere le storie più credibili sono quelle create dalla risultante del connubio di conoscenza, esperienza, istinto e fantasia. Se le pagine scabrose possono avere un incastro naturale e non pruriginoso, perché no, altrimenti, spiacente, sulla copertina,caro editore, ci sarà il mio nome.

Riccardo

03/03/2015 08:03

Ogni scrittore mette sempre molto di se nei suoi romanzi, per cui un lettore che legge i suoi scritti e lo conosce personalmente, finirà per riconoscere i luoghi e le persone che sono descritti in modo impersonale.

Alfio

03/03/2015 08:03

Bravo Ivan, grazie per la sincerità, ti condivido pienamente. Vedo che quì, in un ambiente più ristretto, si dicono delle verità che su Linkedin non ho mai letto. Così come solamente quì ho letto che nessuno scrive solo per se stesso e di vendere anche una sola copia non gli interessa affatto: Ipocrisia!!!

Ivan Bruno

03/03/2015 08:03

Quanto? Direi quasi tutto il cuore; perché quasi? Perché ci sono sempre dei fattori esterni che condizionano la trama, offrendo idee e spunti per andare avanti. Una volta identificato il proprio stile, ogni scritto diventa un'opera d'arte a sé, secchiate di pitture colorate che nessun altro potrà eguagliare. Alla fine ci si sente liberi e soddisfatti, se si ha dato tutto, e ti senti pronto per le critiche, buone o cattive che siano.

Alfio

03/03/2015 08:03

Caro Salvatore, sono d’accordo con te che un libro è uno strumento di comunicazione, per cui necessita di una certa impersonalità. Tuttavia un romanzo è anche un’opera d’arte, per cui in esso rimane sempre impresso quel “tocco da maestro”, quel Meisterstück, che ci fa riconoscere tra mille la stilografica Mont Blanc, quel “Profumo d’Autore”, che ci identifica il Nostro autore nell’infinità dei narratori. Lo riconosci già alla prima pagina, fai una smorfia di compiacimento e ti attacchi al libro avido di sapere come va a finire.

Salvatore

03/03/2015 08:03

Un libro, a mio avviso, non è strumento di confessione ma di comunicazione, e di questa dovrebbe seguire le regole: rivolgersi al pubblico, chiarezza, impersonalità, contenuti che possono coinvolgere l'interesse generale. Tutto questo potrà agevolare l'interazione, vale a dire la risposta effettiva o virtuale dei lettori.

Danilo

28/02/2015 07:02

Quando si comincia a comunicare con il mondo tramite i propri scritti, non si può più smettere. A questo punto non importa se un tuo libro viene pubblicato o no. Se ormai sei dentro, continuerai certamente a scrivere, anche se forse non riuscirai mai a pubblicare i tuoi libri.

Elisa

26/02/2015 07:02

@Luisa, io non sono mai riuscita a scrivere un libro, anche se lo vorrei tanto. Anche per me scrivere è un percorso interiore, come la musica, che a me serve per stimolare i sentimenti di cui voglio parlare. È più forte di me, se voglio descrivere una scena concitata sento il bisogno di un sottofondo di tamburi a ritmo battente, se ho in mente una scena sdolcinata ho bisogno di ascoltare violini e violoncelli. Se sento una musica commovente, mi appassiono, mi metto a tavolino, comincio a scrivere, ma quando smetto non riesco più a ricominciare e butto via tutto.

Alfio

02/02/2015 09:02

@Luisa, capisco l tuo percorso interiore, evidentemente questo tuo commento risponde pienamente anche ad un’altra discussione: “Quanto di se c’è in un romanzo?”. Nei tuoi romanzi c’è molto, forse tutto di te. Come ha detto la scrittrice Pina Varriale in un altro commento: “Scrivo perchè solo così posso vivere mille e una vita”.

Alfio

02/02/2015 09:02

@Claudio ti condivido. Quando è accaduto il disastro della Costa Concordia, ho sentito subito il bisogno di raccontare quei momenti per come si vivevano in quei giorni. La mia vogli a di raccontare si è accentuata un paio di giorni dopo, quando c’era il problema di mettere in sicurezza la nave, con il mare in burrasca e vedevo che non c’era nessun meteorologo sul posto per dare il suo utile contributo a quella delicata manovra. Mi son venute in mente le parole di Oriana Fallaci dopo l’undici settembre: “Devo scrivere!!” Così è nato “Quella notte al Giglio”, scritto in una decina di giorni, salvo poi a un paio di mesi per limarlo, correggerlo, scegliere la copertina assieme all’editore e così via.

Claudio

31/01/2015 10:01

Spesso sono i fatti di cronaca a ispirare un autore. Eventi tragici per chi li vive, raccontati in modo freddo dai telecronisti, ma che fanno intravedere trame piene di tensione, di ombre scure e di luce traversa.

luisa

02/01/2015 05:01

Io scrivo non per sentirmi importate o per farmi bella davanti agli altri, per me la scrittura è un percorso interiore, un lavoro su me stessa che mi aiuta a guardami dentro. Un percorso piacevole anche se disseminato di ostacoli e a volte doloroso, ma in ogni caso fondamentale per la mia crescita come persona.

Alfio

12/12/2014 08:12

Mi trovo d’accordo con Ester, quando dice che scrive per un “impulso emotivo”. Stento un pò a credere l’estasi di Giulia che, quando è attaccata al foglio, trova “difficile fermarsi e tornare alla realtà”, non dico che sia impossibile, anzi, se per lei è così, beata lei. Questo vuol dire che il suo romanzo sarà un capolavoro per lei, tuttavia non è detto che lo sia per tutti: la propria realtà è diversa da quella oggettiva. In genere per comporre un capolavoro, occorre seguire molte regole, senza le quali è difficile trasmettere agli altri le proprie emozioni.

Alfio

12/12/2014 08:12

Si scrive “perchè perché si ha qualcosa da dire”, tuttavia non sempre ciò che a noi sembra una storia avvincente lo è per tutti, per cui, in accordo con Maurizio, non dobbiamo sentirci “dei fenomeni incompresi” se il nostro capolavoro non viene accettato dagli editori o se poi non “vende”. E non bisogna meravigliarsi se, come scrive Alessia: “ho riscritto il mio libro già sette volte”, è capitato un po a tutti noi di riscrivere una storia anche più di dieci volte. La cosa migliore è rivolgersi ad un professionista, che trova più facilmente gli errori di impostazione che noi stessi non riusciremmo a vedere mai, perchè la storia ce l’abbiamo tutta in testa e molte cose le diamo per scontate.

Alfio

12/12/2014 08:12

@Lara, il motivo per cui hai iniziato a scrivere è comune a molti altri scrittori. Da discussioni simili su altre reti, c’è chi lo ha fatto per impegnare il cervello: “Io ho scritto il primo romanzo per sopravvivere al cancro”, altri per distrarsi da una idea che sarebbe diventata letale: “Il cancro e soprattutto una previsione di sopravvivenza molto deludente hanno provocato una sorta di reazione quasi brutale.” Tuttavia la cosa più importante è impegnarsi, perchè nulla viene da se. È vero che il dono di “creare” un romanzo bisogna averlo innato ma, come dici tu, occorre studiare ed anche molto, per costruire una storia che "stia in piedi dall'inizio alla fine".

Ester

28/11/2014 03:11

Il mio è stato un impulso emotivo, scaturito durante un pomeriggio di una caldissima estate di alcuni anni fa. Non mi sono mai reputata una scrittrice, anzi non ho nemmeno mai tenuto un diario, ma quel giorno tutti i ricordi sono affiorati improvvisamente e ho sentito la "necessità" di fissarli su un "pezzo di carta". Il libro è nato in soli due mesi, ho scoperto che mi piaceva scrivere, che scrivere mi aiutava ad estraniarmi dal mondo, che mi faceva dimenticare tutte le paure e le angosce che in quel momento stavo vivendo. Il libro è stato pubblicato, a quello ne è seguito un secondo, ora sto scrivendo il terzo. Non cerco la fama, sono pienamente consapevole che per raggiungere certi livelli, devi avere anche uno stile che ti contraddistingue dagli altri e magari anche una botta di... Termino qui, non vorrei tediarla. Io comunque continuerò a scrivere, ho tanti amici che mi spingono a farlo. Grazie per l'attenzione

Alessia

26/11/2014 10:11

Ho sempre avuto paura della scrittura, di non essere in grado di mettere nero su bianco la mia empatia. In meno di un anno, ho riscritto il mio libro già sette volte (è il primo romanzo), ogni volta mettendo tutto in discussione. Riuscirò mai ad avere il coraggio di andare da un editore e proporlo?

Maurizioo Foddai

17/11/2014 09:11

Le motivazioni che spingono a scrivere sono differenti e individuali. Ognuno ha le proprie. Quello che è certo è che pochissimi hanno un minimo sindacale di senso dell'autocritica, al punto da sentirsi dei fenomeni incompresi se qualcuno fa loro osservare che, magari, la scrittura è così così. E il fatto che nomi noti, palesemente incapaci di mettere insieme una frase di senso compiuto, pubblichino e vendano migliaia di copie non aiuta.

Emma

17/11/2014 02:11

Si scrive per emozionare, conquistare il lettore e immetterlo nel proprio mondo. Anche se poi non tutti i lettori sono eguali e c’è chi lascia a metà un romanzo, nel cuore di una riflessione profonda.

Cristina

17/11/2014 06:11

Si scrive perché si ha qualcosa da dire. Anche se non è vero che ogni "qualcosa" sia da dire o sia di interesse generale. In effetti solo alcune cose ci interessano e su queste occorre selezionare gli autori che sanno dirci qualcosa, toccando in noi corde giuste per farci sognare.

Lara Swan

13/11/2014 04:11

IO ho iniziato a scrivere dopo un lutto per impegnare la mente, per ripercorrere un passato della mia infanzia, poi da piccoli brani autobiografici sono passata a brevi racconti. dal racconto al romanzo il passo è stato coccolato, meditato, sofferto. Ho voluto cimentarmi nel romanzo accogliendo la sfida con me stessa. Volevo vedere se riuscivo a creare una storia puramente inventata che "stesse in piedi dall'inizio alla fine". Trovo entusiasmante creare un'opera dove la linea che divide fantasia e realtà sia sottilissima. Ho studiato i personaggi, da me inventati, nel loro intimo più profondo, nelle loro emozioni e reazioni. Sono dell'dea che si scrive perché si ha qualcosa da donare o da dire, da condividere.

Riccardo

13/11/2014 03:11

L’abilità di uno scrittore è quella di ricreare il mondo secondo la propria visone. Se ci riesce, quello diventa il suo stile, ciò che lo contraddistingue da chiunque altro. E per il lettore che entra in sintonia, quello diventa il suo mondo, lo riconosci subito.

Emma

13/11/2014 03:11

Non si scrive solo per vendetta. Pro o contro qualcuno o qualcosa poco importa. Raymond Carver, nel suo libro “Il mestiere di scrivere” scrisse: "Non si scrive per dire qualcosa, si scrive perché si ha qualcosa da dire". Questo è il vero motivo.

Alfio

13/11/2014 08:11

@Nicola, trovata, è di Qrwell, nella “Fattoria degli animali”. E su Qrwell posso essere d’accordo con te, ma che TUTTI scrivano per vendetta, questo mi sembra eccessivo.

Nicola

11/07/2014 07:07

Alfio tu sei un moderato a tutti i costi, ma la verità è chiara come l’acqua. Qualcuno ha scritto così dei suoi concittadini inglesi che non si sono allineati alle sue idee: “Animali d'Inghilterra, d'ogni clima e d'ogni terra, ascoltate il lieto coro: tornerà l'età dell'oro!”. Non ti sembra di leggere una malcelata vendetta? È uno scrittore famoso, chi è?

Alfio

11/06/2014 08:06

Da una discussione con lo stesso titolo, aperta su un’altra rete, leggo che un Autore scrive principalmente perchè “gli piace”. Tuttavia mi ha colpito la motivazione data da uno scrittore che aveva subito un trauma: “per non cadere nella depressione”. Ho letto un paio di incipit dei suoi libri, sono bellissimi. Libri nati dalla disperazione ce ne sono a migliaia, penso che Primo Levi, Solgenitsin e molti altri hanno scritto per qualche motivo simile. Comprendo le motivazioni di Nicola, quando dice che “qualcuno” scrive per vendetta, ma che tutti scrivano per vendetta mi sembra eccessivo.

Emma

11/06/2014 03:06

Si scrive partendo sempre dalla realtà. Non si possono scrivere cose che non si sono conosciute personalmente o per sentito dire o visto. Poi la fantasia dello scrittore costruisce il resto.

Nicola

11/06/2014 03:06

Esatto, condannò i suoi nemici, ovvero si vendicò di loro. Se poi vuoi scegliere un sinonimo di vendetta, mi sta bene lo stesso, ma il significato è quello. Ho scelto quel vocabolo perchè adesso va di moda, grazie (o a causa) ad una serie di fumetti e un film.

Andrea

11/06/2014 02:06

Dante non scrisse la Divina Commedia per vendetta. Il suo poema è di ispirazione religiosa, come lo erano molte opere del suo tempo. La sua “Comedìa” si distinse dalle altre per il suo alto fine morale, per il suo linguaggio pungente, con cui condannò le persone malvagie e premiò coloro che avevano fatto del bene nella loro vita terrena.

Nicola

11/04/2014 05:04

Si scrive solo per vendetta! I testi di maggiore interesse sono ispirati tutti al desiderio di vendicarsi di qualcuno. Così Dante ha messo all’inferno i suoi peggiori nemici e Manzoni, con una sola fava ha messo alla gogna spagnoli e austriaci e Solgenitsin si è vendicato di chi lo ha rinchiuso in un gulag. Per non parlare della narrativa di Orwell, che ha fatto dei suoi libri un mezzo per descrivere meccanismi totalitari di controllo del pensiero. Ma anche al giorno d’oggi si scrive principalmente per vendetta, rappresentata simbolicamente con una “V”. Ecco, non so se sono stato chiaro!

Giulia Madonna

12/02/2014 03:02

Ho iniziato a scrivere storie che poi sono diventate romanzi nel 2005. Ma in realtà, tornando indietro con la memoria, ho sempre scritto e utilizzato la parola scritta, poiché ho sempre avuto un diario nel quale mi auto analizzavo e grazie alla scrittura trovavo pace. Quando scrivo le mie storie entro in un'altra dimensione, in cui le emozioni sono alla massima potenza e nulla sembra impossibile. E poi è così difficile fermarsi e tornare alla realtà, come se piombassi chissà da quale lontanissimo pianeta. L'atterraggio è sempre molto rovinoso. Non nascondo che amo molto più scrivere che vivere.

Fabio

10/01/2014 08:01

A me piacciono i racconti brevi, ma provando a buttar giù qualcosa e dandomi un limite, diciamo attorno alle 200 righe, mi sono accorto che questo genere di narrativa permette di tracciare un profilo solo sommario dei personaggi. Adesso mi chiedo (e chiedo a voi) se questo è un problema proprio dei racconti brevi, o è un mio limite? Oppure sto semplicemente ponendomi di fronte ad un problema che in realtà non esiste?